Approfondimenti

La verità sulla Siria (Le fonti)

La verità sulla Siria (Le fonti)

Premessa

Ci siamo chiesti perché la maggioranza dei rifugiati scappati dalla Siria provenisse dai territori occupati dai cosiddetti “ribelli moderati” e non dalle zone sotto il controllo del tanto vessato “regime governativo di Assad”; ci siamo chiesti il motivo del ritorno di molti civili sfollati ad Aleppo liberata dall’esercito governativo siriano (tra questi anche la famiglia del piccolo Omran Daqneesh); ci siamo chiesti il motivo dei “liberi” festeggiamenti cristiani della Pasqua nella chiesa principale e mezza abbattuta di Aleppo liberata; ci siamo chiesti il motivo per cui esistono solo condanne e proclami contro il “regime di Assad” di una larga parte della stampa internazionale e di ONG gestite curiosamente a migliaia di kilometri dal suolo siriano, come Gran Bretagna e Stati Uniti; ci siamo chiesti il motivo dell’ambiguo intervento occidentale delle “forze alleate” che sembrano preferire la rimozione di Assad rispetto allo sradicamento del terrorismo di ISIS e al Qaeda.
Il nostro lavoro vuole rispondere a queste domande attraverso una ricerca sugli attori che a vario modo recitano in questo confuso teatro di guerra, analizzando le fonti che “riforniscono” i media occidentali in primis, e successivamente le ONG che a vario titolo operano “sul campo”.

Video Matrix

Avevo brevemente trattato l'argomento nel servizio che realizzai per Matrix su Canale5 "Armi chimiche in Siria, qual è la verità?" l'11 Aprile 2017.

Link al video: ➡️ http://www.video.mediaset.it/video/matrix/servizi/armi-chimiche-in-siria-qual-e-la-verita_710241.html

Questo articolo è un approfondimento esaustivo e completo sulla questione.

Le fonti “siriane” e i media mainstream occidentali

Ogni giorno i media mainstream, europei e americani, ci inondano di notizie provenienti da fonti definite “siriane”, che nella maggior parte dei casi sono difficilmente verificabili perché non provengono da agenzie di stampa ufficiali e riconosciute ma da sedicenti “citizen journalist”, spesso operanti a migliaia di kilometri dalla Siria.

Il controllo della correttezza delle fonti è reso ancora più arduo a causa della quasi totale assenza di giornalisti professionisti a causa dell’estrema pericolosità di zone disseminate dai terroristi “tagliagole”, dove difatti diversi reporter hanno già perso la vita.

Dato questo complicato contesto, in che modo i media internazionali verificano le fonti prima della pubblicazione della notizia? In che modo attestano la garanzia di neutralità della notizia stessa? Quale sistema analitico adottano per considerare “buone” le fonti che scelgono di utilizzare per raccontare la terribile guerra che da 6 anni imperversa in Siria?

In questa prima parte, passiamo in rassegna le principali fonti usate dai media occidentali; la loro veridicità è stata messa più volte in discussione nell’ultimo periodo a causa:

  • di servizi confezionati ad hoc e girati secondo un copione scritto in precedenza a puro scopo propagandistico;

  • di informazioni risultate successivamente manipolate o fasulle;

  • di una voluta e spesso malcelata mistificazione della realtà voluta dall’editore stesso del media per favorire in qualche modo gli interessi di uno o più dei suoi finanziatori.

Aleppo Media Centre

Nell’estate del 2016, i principali mainstream media di tutto il mondo hanno mostrato un video che ritraeva un bambino pieno di polvere e sanguinante, posto su una sedia in quella che sembrava essere un'ambulanza (stranamente immacolata nonostante la zona di guerra in cui operava). Il video mostra anche il salvataggio di diversi bambini, presumibilmente salvati dalla macerie di un edificio dopo un presunto bombardamento ad opera dell’esercito governativo siriano o dell’aviazione russa. L’autore di tale servizio è "Dusty Boy" Mahmoud Raslan dell’Aleppo Media Centre.[1][2]

Il bambino di quattro anni immortalato in quelle immagini si chiama Omran Daqneesh e da poco ha fatto ritorno con la sua famiglia nella sua Aleppo appena liberata dall'occupazione dei gruppi terroristici. La foto del salvataggio del piccolo Omran è apparsa sui media di tutto il mondo diventando il simbolo del coinvolgimento dei civili nel conflitto siriano e delle presunte atrocità commesse dall’esercito governativo siriano e dall’aviazione russa, provocando così il forte sdegno dell’opinione pubblica internazionale e la levata di richieste di intervento presso le Nazioni Unite.

Ma, a quasi un anno di distanza, in una recente intervista ad un’emittente siriana, il padre di Omran ha accusato i media di aver speculato sulla sofferenza del proprio figlio e di aver strumentalizzato l’immagine del piccolo con il solo scopo di attaccare il legittimo governo di Damasco.[3]

Aleppo Media Centre e le fonti di finanziamento

Aleppo Media Centre (AMC) afferma di essere una fonte affidabile a proposito delle notizie provenienti dalla provincia di Aleppo. Il loro team di corrispondenti è presente in tutta la provincia.

Ma chi finanzia l’Aleppo Media Centre?

Dalla sito web di Syrian Expatriates Organization (SEO), si deduce che tale organizzazione (trattata in seguito) dal 2012 è responsabile del coordinamento di AMC e ha contributo generosamente alla sua fondazione.[4]

Oltre alla SEO, l’Aleppo Media Centre riceve anche "supporto" da un'organizzazione chiamata Syrian Media Incubator, con sede a Gazientap, in Turchia.

Il Syrian Media Incubator non è altro che un progetto finanziato da Canal France International (CFI), ovvero l'agenzia di cooperazione e “media operator” del Ministero Francese degli Affari Esteri.[5]

Sì, è proprio il Ministero degli Esteri francese che finanzia l'Aleppo Media Center, quella che è stata la principale ed quasi esclusiva fonte di "notizie" di un Aleppo per anni occupata dai “ribelli moderati”, e da cui hanno attinto tutti i principali mezzi di comunicazione del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Europa.



Il sito internet di Canal France International (CFI) dichiara che “dal 2012, l'Aleppo Media Centre, che ha riunito permanentemente circa venti giornalisti in Siria, ha fornito una copertura continua degli eventi che hanno interessato la regione, con articoli, fotografie e video pubblicati sul suo sito web e sui social media”.

Grazie al sostegno ricevuto dal Syrian Media Incubator, l’AMC ha realizzato un ulteriore progetto: una stazione radio locale a Aleppo, trasmessa per due ore ogni giorno sulla frequenza FM 99,00 e circa 15 ore al giorno su Internet.

Nel corso del 2015, l'Incubator ha fornito diversi corsi di formazione su radio e video ai giornalisti dell'Aleppo Media Centre, oltre ad avere contribuito all'acquisto di attrezzature per lo studio di registrazione.

Nel dicembre 2015, due membri dell’AMC, ZeinAl Rifai e Youcef Seddik, sono stati preparati per formare i futuri “citizen journalist” siriani.

Aleppo Media Centre e i citizen journalist

I principali citizen journalist dell’Aleppo Media Centre sono ZeinAl Rifai e Youcef Seddik, entrambi attivisti e oppositori del governo di Assad. Negli ultimi anni, i due “giornalisti” hanno avuto un facile accesso in Francia dove si sono recati sia per fare varie “visite promozionali” sia per frequentare corsi di formazione; questo è un evento assai straordinario considerando quanto sia arduo per la maggior parte dei normali cittadini siriani ottenere un visto a causa delle sanzioni USA e UE in vigore contro lo stato siriano.

In un intervista rilasciata al Syria Deeply (trattato successivamente in questo approfondimento) ZeinAl Rifai dichiara: "Manteniamo buoni rapporti con la maggior parte delle fazioni dell'opposizione. Tutti noi condividiamo lo stesso obiettivo: liberare la Siria dalla tirannia, ma ognuno di noi ha preso un proprio percorso per raggiungerlo. Abbiamo aree coperte e controllate da Jabhat al-Nusra (gruppo terroristico legato a al Qaeda) sia ad Aleppo sia nella provincia di Idlib. Qui non ci hanno affatto disturbato".[6]

Un altro membro di AMC è Hala Kodmani, sorella del leader del Syrian National Council, Basma Kodmani, ovvero il principale oppositore “istituzionale” di Assad.

Tornando al piccolo Omran, l’operatore che ha registrato il video è 'Dusty Boy' Mahmoud Raslan, appartenente anch’esso all’AMC.
In un intervista a RT, Sarah Flounders, capo dell’International Action Centre, ha dichiarato: “Penso che questo fotografo (Mahmoud Raslan) sia ben noto su Facebook e su YouTube per aver pubblicato continuamente immagini, plaudendo alla Zinki Militia, che altro non è che un'organizzazione terroristica, ben conosciuta anche prima della morte orrenda del bambino palestinese-siriano (la Flounders si riferisce a Abdullah Tayseer Issa, un bambino di 12 anni orrendamente decapitato dalla Zinki Militia). Non è certamente un attivista per i diritti umani. Si definisce ‘media activist’, ma il suo ruolo è stato quello di condividere e sostenere l'attività terroristica in Siria”.[7]

Aleppo Media Centre sui social network

La pagina Facebook dell’Aleppo Media Centre non è altro che la conta quotidiana dei morti causati dai bombardamenti dell’esercito governativo di Assad e dell’aviazione russa, spesso attraverso post corredati da fotografie e video.
Mai vengono menzionati i morti causati dalle organizzazioni terroristiche che operano in quelle zone, ISIS e Al-Nusra, e mai viene pubblicato nemmeno un post relativo all’Aleppo liberata, che lentamente torna ad una situazione di normalità.[8]



Aleppo Media Centre e i media occidentali

L'Aleppo Media Center “distribuisce” quindi propaganda mediatica contro il governo del Presidente Assad, attraverso immagini, video e opinabili documentazioni a Stati Uniti, Regno Unito, Stati membri della NATO, Qatar e molti altri Paesi, non opponendosi inoltre alle sanguinose azioni contro i civili perpetuate dalle organizzazioni terroristiche che operano in Siria e giustificandole come necessarie per portare la democrazia nel Paese e per liberare la popolazione.

L’Aleppo Media Center ha sviluppato un vero e proprio canale propagandistico, che ha generato diverse conseguenze tra le quali:

  • Reiterate richieste per una no-fly zone (petizioni su Avaaz);[9]

  • Pressanti richieste a favore di un intervento occidentale incentrato sulla “road map” degli Stati Uniti per un "cambiamento di regime" in Siria.

Le tanto sponsorizzate "no-fly zone“ che alcuni “esperti” da anni chiedono per la Siria sono fondamentalmente “atti di guerra” che potrebbero portare ad una maggiore violenza e distruzione, come accaduto in Libia, una nazione totalmente distrutta dal cosiddetto "intervento umanitario” e dalla cosiddetta “esportazione della democrazia”.

“No-fly zone" e "zone di sicurezza" potrebbero inoltre mettere i piloti dell'aviazione statunitense in diretto scontro con i piloti dell'aviazione russa, portando ad una pericolosa escalation militare tra due potenze nucleari.

Alcuni dei media che hanno “usato” come fonte l’Aleppo Media Centre:[10]

Syrian Observatory for Human Rights (SOHR)

Il SOHR è stato il primo a lanciare la notizia riguardante il presunto e mai confermato attacco governativo con armi chimiche del 4 aprile scorso.

Sul sito internet del Syrian Observatory for Human Rights (SOHR), la prima indicazione che si legge è che lo stesso si dichiara “come non associato e legato a nessun partito politico”.[11]

In seconda istanza, si descrivono come “un gruppo di persone che credono nei diritti umani, residenti in Siria e in altri paesi, le cui attività sono la documentazione della situazione dei diritti umani nel Paese e la segnalazione di tutte le violazioni degli stessi, oltre alla redazione di rapporti e la loro successiva diffusione attraverso i principali media. Collaborano, inoltre, con diverse organizzazioni per i diritti umani della Siria, del mondo arabo e della comunità internazionale, ovvero con chi condivide i loro obiettivi e le loro aspirazioni: democrazia, libertà, giustizia e uguaglianza”.

Direttore e fondatore del SOHR è Rami Abdelrahman.

Particolare il fatto che un’organizzazione così importante, prolifica e vitale per i media occidentale, sul sito internet nella sezione contatti, non pubblichi né un indirizzo “fisico” in cui i membri del SOHR operano e si riuniscono, né tantomeno un numero di telefono.

Nel box troviamo le sole informazioni ufficiali di contatto sul SOHR. Per la dimostrata scarsità dei dati formali, passiamo ad analizzare nel dettaglio le fonti “ufficiose”.

Syrian Observatory for Human Rights (SOHR): chi lo guida, con chi collabora, chi lo finanzia

Il direttore e fondatore del SOHR è Rami Abdelrahman (il cui vero nome è Osama Ali Suleiman). Dalle colonne del New York Times apprendiamo che il sunnita Rami Abdelrahman ha circa quarantasei anni, si è diplomato al liceo e ha studiato marketing, e che, dal suo appartamento di Coventry nella contea delle West Midlands al centro del Regno Unito, rappresenta dal 2012 (anno di fondazione di SOHR) “un punto di riferimento inamovibile per gli analisti militari di Washington, per le Nazioni Unite e per i principali media occidentali”. Tolti i panni dell’attivista “umanitario”, Rami torna ad essere un tranquillo commerciante britannico. Da 17 anni non fa ritorno nella sua Siria; è nato e cresciuto a Baniyas, sulla costa siriana, dove è maggioritaria la presenza della comunità alawita a cui appartiene il presidente Assad. Quando nel 2000 due soci del suo negozio di abbigliamento furono arrestati con l’accusa di sostenere un’attività sovversiva contro lo Stato, Abdelrahman decise tempestivamente di fuggire dalla Siria verso la Gran Bretagna con l’aiuto di alcuni trafficanti.

Il New York Times scrive: È stato definito ‘strumento’ (di propaganda) del governo del Qatar, della Fratellanza Musulmana, della CIA e di Rifaat al-Assad, lo zio in esilio del presidente della Siria, Bashar al-Assad. Il governo siriano e persino alcuni ribelli lo hanno accusato di tradimento”.[12][13][14]

Chi fornisce sostegno economico e chi quindi ne legittima l’operato classificando il SOHR come fonte attendibile e neutrale?

Nessuna traccia certa è disponibile riguardo ai fondi che finanziano l’attività del SOHR; certa invece è stata la vicinanza del direttore e fondatore dell’Osservatorio, Rami Abdelrahman, con il Ministero degli Esteri della Gran Bretagna nella persona dell’allora Ministro, William Hague; sono stati documentati, infatti, diversi incontri tra i due presso la sede del Ministero.

Rami Abdelrahman dichiara, come riportato nell’articolo del New York Times: I soldi della vendita in Siria dei due negozi di abiti hanno coperto appena le minime spese per le iniziali denunce sul conflitto siriano, insieme a piccole sovvenzioni ricevute dall'Unione Europea e da un paese europeo che egli rifiuta di indicare.

Lo stretto legame tra SOHR e il Ministero degli Esteri britannico è continuato anche con il ministro Tobias Ellwood, come documentato da un comunicato dello stesso pubblicato sul sito istituzionale del ministero che recita: “Sono spaventato dalle notizie diffuse dell'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani dove si dichiara che l'anno scorso sono stati uccisi in Siria oltre 76.000 persone. Ciò include quasi 18.000 civili e oltre 3.500 bambini. La persistente brutalità del regime di Assad e il suo rifiuto di impegnarsi in un processo politico significativo, non fanno altro che non porre termine al conflitto e rafforzare gli estremisti come l'ISIL. Continueremo a sostenere gli sforzi per trovare una soluzione politica al conflitto, a lavorare per alleviare le sofferenze umanitarie e a sostenere l'opposizione moderata che lavora per una Siria libera dalla tirannia di Assad e di ISIL”.[15]

Syrian Observatory for Human Rights (SOHR): tra le principali fonti dei media occidentali

L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani è tra le principali fonti dei media occidentali; sorprende il fatto che i blasonati mezzi di informazione non abbiano prima verificato la credibilità e la neutralità della fonte, prendendo come “oro colato” qualsiasi notizia rilanciata dal tranquillo appartamento di Coventry nel Regno Unito di Rami Abdelrahman.

Idlib Media Center

L’Idlib Media Center (Edlib Media Center) non ha né un sito istituzionale né un indirizzo “fisico” ma solo una pagina Facebook e un canale su YouTube.

Questa “misteriosa” agenzia di stampa è balzata agli onori della cronaca il 4 aprile scorso per aver pubblicato dei video sul presunto e mai provato attacco con armi chimiche dell’esercito governativo siriano nella provincia di Idlib, a Kan-Sheyhune; i principali media occidentali, le più note ONG e molti governi hanno subito denunciato tale vergogna (senza nessuna concreta prova a supporto), chiedendo sanzioni e un tempestivo intervento contro il governo di Assad a causa delle sconvolgenti immagini che ritraevano bambini agonizzanti a causa del gas. Questo clamore ha portato al tempestivo bombardamento americano in Siria ai danni di una base aeronautica dove gli analisti statunitensi ritenevano che Assad potesse nascondere diverse armi chimiche.

Idlib Media Center e il presunto attacco con armi chimiche

Torniamo al video del 4 aprile scorso e alle obiezioni per cui è stato contestato e ritenuto poco credibile:

  • Innanzitutto, i video sono stati girati e “confezionati” grazie agli White Helmets (trattati successivamente) che poco dopo il presunto attacco si sono attivati per soccorrere gli intossicati. La veridicità delle testimonianze dei caschi bianchi ormai è stata smentita dai fatti e da diverse prove, visti anche i rapporti dubbi, confusi e ambigui che li legano alle fazioni terroristiche operanti in Siria, come ISIS e al Nusra.

  • I primi messaggi dell’attacco chimico a Kan-Sheyhune sono apparsi su Internet nelle prime ore del mattino del 4 aprile, quando l’aviazione siriana non aveva ancora colpito le posizioni logistiche dei terroristi: questo è avvenuto alcune ore più tardi, alle ore 11 per la precisione; alle 06:22 (UTC), l’Idlib Media Center ha iniziato sul suo sito lo streaming on-line della tragedia, mentre alle 06:33 (UTC) è stato diffuso un video su YouTube in cui venivano mostrati i corpi di 9 bambini. Inoltre, tutti i metadati dei video pubblicati sono stati precedentemente eliminati; quindi non è possibile stabilire la paternità, il luogo e l’epoca di produzione di tali filmati.[16]

  • In tutti i filmati l’operatore è a mani nude, senza alcuna protezione: ciò solleva diversi interrogativi circa l’autenticità del contesto che si vorrebbe descrivere. Esperti di armi chimiche hanno ampiamente provato che dopo un attacco con il gas sarin la morte sopraggiunge dopo circa 15 minuti, e la concentrazione letale nell’aria persiste per diverse ore, anche per tutta la giornata. Nonostante ciò su video e foto portati come prove dai ”premi Oscar”, si vedono soccorritori e reporter senza mezzi speciali di protezione (se non mascherine di carta e tute di certo non protettive).

  • I bambini a causa del peso corporeo inferiore dovrebbero essere i primi a soccombere a causa dell’intossicazione da gas; invece nei vari video si distinguono adulti ormai esanimi e bambini ancora agonizzanti; in alcuni casi, inoltre, i piccoli sono straordinariamente sopravvissuti all’attacco chimico nonostante l’alta mortalità del sarin anche se somministrato in minime dosi.

  • Gli esperti affermano che un bombardamento con il gas sarin non può formare un cratere sull’asfalto, come quello mostrato nel video del giornalista Hadi Abdallah. Un ordigno chimico per causare il massimo effetto sulla popolazione rilascia il suo carico letale in aria e non sul terreno, altrimenti il principio attivo brucerebbe senza causare danni alle persone.

  • Il Presidente dell’associazione di ricerca governativa “Medici svedese per i Diritti Umani” (SWEDHR)professor Marcello Ferrada de Noli e i suoi colleghi hanno studiato le azioni compiute dai soccorritori durante le operazioni di salvataggio e hanno concluso che: i bambini mostrati nei video sembrerebbero essere sotto l’influenza di droghe (oppiacei) e non di sostanze tossiche provenienti da armi chimiche; l’iniezione di adrenalina praticata dagli operatori medici ai bambini non sarebbe stata eseguita correttamente secondo i dettami della medicina con grave rischio di morte degli stessi (procedura peraltro scorretta come cura contro l’intossicazione da gas sarin). In definitiva, secondo  i medici svedesi di SWEDHR, i White Helmets che si vedono nel video “non stanno salvando i bambini, ma li stanno uccidendo per usare i loro corpicini come arma propagandistica contro Assad e l’esercito governativo siriano.[17][18]

  • Il presunto attacco con armi chimiche del mese di aprile scorso è forse stato orchestrato come quello del 2013 a Ghouta, quando la comunità internazionale insorse contro il presidente siriano Assad a causa anche quella volta di una attacco con il sarin denunciato dai “ribelli moderati” e rivelatosi poi una montatura. E perché questa volta non sono stati inviati gli ispettori delle Nazioni Uniti per indagare sull’accaduto come nel 2013? Sia il presidente Assad stesso sia la Russia hanno chiesto l’intervento delle Nazione Unite per investigare sulla questione.[19]

  • Quale “suicida” motivazione avrebbe spinto Assad ad ordinare un attacco con armi chimiche al suo esercito proprio nel momento in cui stava sconfiggendo su più tutti i fronti i cosiddetti “ribelli moderati” (tra cui ISIS e al Nusra) arrivando a liberare Aleppo dalla occupazione degli stessi? Quale “insana” motivazione avrebbe portato il presidente siriano a scatenare su se stesso una mondiale indignazione riguardo al suo operato uccidendo con modalità così cruenta il suo popolo? Quali “illogiche” motivazioni lo avrebbero spinto ad un azione che sicuramente gli avrebbe fatto perdere la credibilità che stava faticosamente riconquistando su una grossa fetta dell’opinione pubblica internazionale?

Immagini dalla pagina Facebook ufficiale dell’Idlib Media Center.

ANA PRESS

ANA PRESS è un’agenzia di stampa formata da “citizen journalist”, operante in Siria con lo scopo di veicolare “informazioni verificate” sul conflitto in atto in modo più efficace e tempestivo. Sul loro sito internet dichiarano: “A causa delle violenze e degli abusi perpetrati dal governo siriano a scapito di diversi giornalisti, il “citizen journalism” in Siria è molto più prezioso e rischioso rispetto a quello in Egitto, in Tunisia e in altri paesi limitrofi. L'Associazione New-Media ANA ha iniziato la sua attività di verifica analizzando l’operato dei giornalisti, creando una documentazione per ciascuno di essi ed esaminando il loro lavoro, per dimostrare così l’attendibilità dei propri collaboratori”.

ANA PRESS confessa di collaborare con diverse organizzazioni (ad esempio HIVOS e SIDA) “che forniscono supporto alle agenzie di stampa nella documentazione di abusi e di omicidi a danno dei citizen journalist”.

Oltre a fornire attrezzature e ad organizzare i corsi di formazione, affermano “di aver obbligato i collaboratori a verificare tutte le informazioni che forniscono, dotandoli delle linee guida da seguire”; lo scopo prefissato è stato infatti quello da una parte “di essere riconosciuti come partner dai media internazionali”, e dall’altra “di incoraggiare uomini e donne operanti sotto minacce reali da parte di varie parti, in particolare dal governo, che se qualcosa fosse successo a loro, il lavoro fatto sarebbe stato riconosciuto come attendibile”.[20]

ANA PRESS: i fondatori

Rami Jarrah e Danny Abdul Dayem (noto anche come “Syria Danny”) sono i fondatori di ANA PRESS.

Rami Jarrah, meglio noto in occidente come “Alexander Page”, è diventato noto quando BBC, CNN e al-Jazeera lo sponsorizzarono come “citizen journalist” di Avaaz (sito internet di petizioni e campagne on line sostenuto dalla grande finanza mondiale, George Soros incluso) e lo descrissero incautamente come "affidabile corrispondente estero a favore del cambio di regime in Siria".

Rami Jarrah è un cittadino siriano-britannico che ha passato la maggior parte della sua vita nella ricca borghesia londinese. Si reca per la prima volta in Siria nel 2004 per fare visita ai parenti rimasti a Damasco. Espulso con un “foglio di via” della durata di tre anni dalle autorità siriane, è stato ripetutamente interrogato da diverse intelligence occidentali per i suoi rapporti con gli oppositori del partito di Assad. Nel 2011 rientrato in Siria, viene nuovamente arrestato mentre filmava una protesta nella moschea di Umayyad, e in seguito rilasciato dopo aver firmato un documento in cui ammette di essere un terrorista inviato da paesi esteri. Alla fine del 2011, Jarrah viene arrestato un’altra volta presso l’aeroporto di Doha. Nel 2012 fonda a Il Cairo ANA PRESS di cui dichiara: “ANA PRESS è un'organizzazione indipendente che non supporterà mai nessuna affiliazione politica, in quanto ciò influenzerebbe sulla nostra neutralità e sulla nostra onestà. Non abbiamo accettato e non accetteremo mai finanziamenti da parte di gruppi politici".[21]

Per farsi un’idea sulla declamata credibilità e neutralità rispetto alla situazione siriana di Rami Jarrah, è sufficiente visitare il suo account Facebook:[22]




Danny Abdul Dayem (noto anche come “Syria Danny”) è un cittadino britannico di Cambridge di origine siriana diventato noto come attivista durante la rivolta siriana. Diventato “citizen journalist” nel 2011, ha documentato l’assedio dell’esercito governativo a Homs, ed in particolare il bombardamento del 2012; scappato dalla Siria, si rifugia in Egitto per poi fare ritorno in Inghilterra. Le sue richieste di aiuto e le sue notizie da “testimone oculare” sono state trasmesse da molti media come CNN, BBC, al-Jazeera e al-Arabiya. Grazie al clamore mediatico, ha più volte chiesto pubblicamente un intervento militare esterno contro il governo di Assad. La veridicità delle sue testimonianze e dei suoi video è stata messa in dubbio da diverse fonti che lo hanno accusato di essere solo uno strumento di propaganda del programma contro il governo siriano di Assad.[23][24]


ANA PRESS e i suoi sostenitori internazionali

Rami Jarrah sostiene che ANA PRESS sia un’organizzazione indipendente e che distribuisca solo notizie neutrali e “oneste” a proposito del conflitto siriano; compito non facile per chi non ha vissuto pienamente la realtà del contesto essendosi recato per la prima volta in Siria a 20 anni (e poco dopo arrestato) ed è cresciuto in Inghilterra da genitori strenui sostenitori del partito di opposizione siriano. Il padre di Jarrah, Nouri al-Jarrah, è un dissidente siriano scappato dalla proprio paese nel 1981 mentre la madre Lina Tibi è diventata membro del Syrian National Council, il principale partito di opposizione contro il governo di Assad.

Passando in rassegna i finanziatori di ANA PRESS, si desume che la stessa venga principalmente sostenuta da HIVOS, organizzazione internazionale olandese che cerca nuove soluzioni a problemi globali persistenti con l’obiettivo primario di raggiungere cambiamenti strutturali. Per questo motivo, HIVOS collabora con imprese innovative, cittadini e organizzazioni, che condividono il sogno di economie sostenibili e di società inclusive. Il loro folto network è composto sia da istituzioni pubbliche sia da organizzazioni private; tra queste troviamo: Ministero degli Affari Esteri Olandese, Commissione Europea, Ministero degli Affari Esteri Finlandese, Agenzia dello Sviluppo Internazionale Svedese, Dipartimento di Stato Americano, Ford Foundation, Open Society Institute (fa parte della Open Society Foundations). Quindi ANA PRESS è sostenuta da un’organizzazione il cui network difficilmente opera secondo criteri di “neutralità politica” essendo formato anche da rappresentanti politici di governi nazionali.[25]

Syria Deeply

Syria Deeply è un progetto media digitale indipendente guidato da giornalisti e tecnici fondato con lo scopo di esplorare un nuovo modello di narrazione e con l’obiettivo di portare una comprensione più approfondita della realtà.

Syria Deeply fa parte di News Deeply, una start-up che sviluppa nuovi media con sede a New York con lo scopo di “alfabetizzare” i leader mondiali sui temi della politica estera. News Deeply dichiara di non ricevere finanziamenti pubblici ma solo sostegno da fondazioni private.

Syria Deeply si definisce come “la piattaforma più importante del mondo sul conflitto siriano” e “completamente indipendente dal punto di vista editoriale”.[26]

I finanziatori di Syria Deeply: The Asfari Foundation

The Asfari Foundation viene fondata a Londra nel 2006 da Sawsan e ==Ayman Asfari== con lo scopo di aiutare i giovani a dare un contributo alla società attraverso l'educazione, la ricerca e il potere del pensiero libero. La fondazione sostiene programmi che incoraggiano lo sviluppo di una diversa società civile, oltre a fornire aiuto umanitario in caso di emergenza. Opera con partner selezionati che lavorano senza pregiudizi basati su sesso, religione, politica, etnia, età o disabilità, e che sono attivi nel Regno Unito, in Siria, in Palestina e nel Libano.

Oltre a Syria Deeply, sostengono molte delle organizzazioni che a vario modo operano in Siria come gli White Helmets, The Syria Campaign, Save The Children, Medici senza Frontiere, Physicians for Human Rights, Mercy Corps, Unicef e l’Atlantic Council of United States.[27]

Ayman Asfari, è un imprenditore britannico di origini siriane, presidente di Petrofac, società multinazionale fornitrice di servizi integrati alle industrie di produzione e trasformazione del petrolio, del gas e dell'energia. Prima di Petrofac, Asfari è stato amministratore delegato della più importante società di costruzioni civili e meccaniche dell’Oman. Nel maggio 2017, Asfari ha donato 100.000£ alla campagna elettorale del Partito Conservatore britannico, alcuni giorni prima di essere interrogato dal “Serious Fraud Office” a proposito dell’inchiesta su Unaoil.[28][29]

Le sovvenzioni di Asfari Foundation nel 2015:[30]


I finanziatori di Syria Deeply: International Women’s Media Foundation

Fondata nel 1990 da un gruppo di giornaliste americane, la International Women's Media Foundation è un'organizzazione fondata a Washington per valorizzare le voci delle donne nel giornalismo, credendo che i media di tutto il mondo senza il loro apporto non siano veramente rappresentativi e liberi. I programmi di IWMF permettono alle giornaliste di formarsi e di diventare leader dell'industria dell'informazione.

L'IWMF celebra i successi delle giornaliste con il premio “Courage in Journalism and Lifetime Achievement”; si vogliono premiare le donne che, con il loro lavoro in aree di instabilità, oppressione e conflitto, si sono messe in gioco per informare su questioni globali critiche.

Oltre 100 giornaliste provenienti da 50 Paesi sono stati premiate con il “IWMF Courage in Journalism and Lifetime Achievement Award”.[31]

Alcuni dei finanziatori di International Women’s Media Foundation:[32][33]

I finanziatori di Syria Deeply: HIVOS

Oltre al sostegno economico apportato a ANA PRESS, HIVOS finanzia anche Syria Deeply.
HIVOS è un'organizzazione internazionale olandese di sviluppo guidata da valori umanitari. Insieme alle organizzazioni della società civile locale nei paesi in via di sviluppo, HIVOS vuole contribuire a un mondo libero, corretto e sostenibile. Un mondo in cui tutti i cittadini, donne e uomini, abbiano uguale accesso alle opportunità e alle risorse per lo sviluppo e possano partecipare attivamente e in modo equo ai processi decisionali che determinano la loro vita, la loro società ed il loro futuro.

Il network di HIVOS è composto da istituzioni pubbliche e da organizzazioni private; tra queste troviamo: Ministero degli Affari Esteri Olandese, Commissione Europea, Ministero degli Affari Esteri Finlandese, Agenzia dello Sviluppo Internazionale Svedese, Dipartimento di Stato Americano, Ford Foundation, Open Society Institute (fa parte della Open Society Foundations).[34][35]



Riflessioni su fonti, agenzie di stampa e media mainstream

Quelle presentate sono le principali fonti utilizzate dai più prestigiosi e blasonati media occidentali; fonti ritenute credibili e affidabili “a prescindere” senza nessuna ricerca e approfondimento, rilanciate come suprema verità a proposito dell’intricata e confusa situazione siriana.

Difficile rintracciare una voce indipendente proveniente dal teatro di guerra siriano: da una parte, perché molte TV medio-orientali “libere” sono state “oscurate” a causa dell’esclusione dai satelliti finanziati dall’Arabia Saudita e da Israele, dall’altra, perché è minima la presenza di giornalisti sul campo occidentali accreditati a causa dell’elevata pericolosità e imprevedibilità del contesto.

L’Aleppo Media Centre, il Syrian Observatory for Human Rights, l’Idlib Media Center, l’ANA PRESS e il Syria Deeply non sono altro che “agenzie” formate da attivisti ostili al governo di Assad e non da “citizen journalist” neutrali che raccontano in modo super partes le vicende della guerra siriana. Come facilmente verificato, la loro testimonianza non è altro che una mera propaganda a favore dei cosiddetti “ribelli moderati” tra le cui file agiscono indisturbati anche militanti dell’ISIS e di al Qaeda, ovvero ciò che l’occidente dovrebbe fermamente ed attivamente combattere vista la loro responsabilità nelle stragi che hanno insanguinato anche le strade delle principali città europee.

Chiudiamo questa primo approfondimento sulla Siria con una articolo di Sebastiano Caputo, uno dei pochi giornalisti italiani che hanno documentato e raccontato la situazione siriana non dalla comoda scrivania dell’ufficio ma dal campo di battaglia.[36]


Fonti:


  1. (http://21stcenturywire.com/2016/09/20/exclusive-aleppo-media-centre-funded-by-french-foreign-office-eu-and-us/) ↩︎

  2. (https://www.facebook.com/AleppoAMCen/videos/805156366287739/) ↩︎

  3. (http://www.telegraph.co.uk/news/2017/06/05/new-photos-emerge-omran-daqneesh-boy-became-symbol-aleppos-suffering/) ↩︎

  4. (http://syrian-expatriates.org/past-projects-highlights/development-support-committee/) ↩︎

  5. (http://www.cfi.fr/en/project/syrian-media-incubator) ↩︎

  6. (https://www.newsdeeply.com/syria/community/2015/11/23/death-is-always-the-hardest-part-qa-with-zein-al-rifai) ↩︎

  7. (https://www.rt.com/op-edge/356723-syrian-boy-photographer-terrorism/) ↩︎

  8. (https://www.facebook.com/AleppoAMCen/) ↩︎

  9. (https://secure.avaaz.org/en/syria_safe_zone_loc_fb_tg_ctrl/?pv=89&rc=fb) ↩︎

  10. (http://21stcenturywire.com/2016/09/20/exclusive-aleppo-media-centre-funded-by-french-foreign-office-eu-and-us/) ↩︎

  11. (http://www.syriahr.com/en/?page_id=1030) ↩︎

  12. (http://www.ilgiornale.it/news/mondo/losservatorio-siriano-i-diritti-umani-unimpostura-che-ha-sed-1188149.html) ↩︎

  13. (http://www.lookoutnews.it/rami-abdul-rahman-osservatorio-siriano-per-i-diritti-umani/) ↩︎

  14. (http://www.nytimes.com/2013/04/10/world/middleeast/the-man-behind-the-casualty-figures-in-syria.html?pagewanted=all&_r=0) ↩︎

  15. (https://www.gov.uk/government/news/foreign-office-responds-to-syrian-casualty-figures-for-2014) ↩︎

  16. (http://www.vietatoparlare.it/lattacco-chimico-avvenuto-alle-06-30-idlib-media-center-messo-online-video-giorno/) ↩︎

  17. (http://www.oltrelalinea.news/2017/04/10/associazione-di-medici-svedesi-attacco-chimico-in-siria-e-una-fake-news/http://swedhr.org/) ↩︎

  18. (http://theindicter.com/statement-by-swedish-doctors-for-human-rights-on-misrepresentations-referred-in-veterans-today-article-on-white-helmets/) ↩︎

  19. (http://www.occhidellaguerra.it/siria-rapporto-onu-vittime-idlib-non-colpite-da-gas-sarin/) ↩︎

  20. (http://www.anapress.net/apress/about/) ↩︎

  21. (http://www.care2.com/causes/activists-news-association-exposes-syria-atrocities-to-the-world.html) ↩︎

  22. (https://www.facebook.com/ramijarah?lst=100012338492235%3A513067872%3A1497188194) ↩︎

  23. (http://www.wrongkindofgreen.org/tag/ana-press/) ↩︎

  24. (https://www.youtube.com/watch?v=ASZm5P6yilk) ↩︎

  25. (https://hivos.org/news/hivos-partner-rami-jarrah-wins-international-press-freedom-award) ↩︎

  26. (https://www.newsdeeply.com/syria/about) ↩︎

  27. (http://www.asfarifoundation.org.uk/who-we-are/) ↩︎

  28. (http://www.bloomberg.com/research/stocks/people/person.asp?personId=2327040&privcapId=2247963) ↩︎

  29. (https://www.theguardian.com/business/2017/may/12/conservative-tory-donor-ayman-asfari-questioned-serious-fraud-office-petrofac) ↩︎

  30. (http://apps.charitycommission.gov.uk/Accounts/Ends51/0001116751_AC_20151231_E_C.PDF) ↩︎

  31. (http://www.iwmf.org/about-us/) ↩︎

  32. (http://www.iwmf.org/about-us/donors-2/) ↩︎

  33. (http://www.iwmf.org/wp-content/uploads/2017/05/Audited-Financials-2015-2016.pdf) ↩︎

  34. (https://hivos.org/) ↩︎

  35. (https://hivos.org/sites/default/files/hivos_annual_report_2015-jan_2017.pdf) ↩︎

  36. (http://www.lintellettualedissidente.it/editoriale/giornalisti-terroristi/) ↩︎

0 Commenti 0 Commenti
0 Commenti 0 Commenti